Pietro Savorgnan di Brazzà , nato nel 1852 a Castel Gandolfo -Roma-, praticamente uno sconosciuto da noi. Eppure è stato a mio avviso un grande, grandissimo italiano.
La sua vita ha dell’incredibile. Pietro di Brazzà è un esploratore dell’Africa di fine ‘800 molto singolare e lontano dagli stereotipi classici: non si è mai macchiato delle crudeltà di uno Stanley (che voleva schiavizzare un intero continente) o di un Re Leopoldo (che mozzava spietato le mani ai neri). Lui no.
Esplorò il Congo per conto della Francia con tenacia ma pacifico rispetto e “amorevole contegno”, piantando “Alberi della Pace” ovunque ed è passato alla storia come un personaggio unico già nella stessa era coloniale. Era per la non-violenza nei confronti degli africani e contro lo sfruttamento coloniale, voleva condizioni umane e salari rispettabili per tutti, concetti quasi assurdi per l’Europa fine ‘800. Sono esistiti veramente personaggi così.
Malgrado gli innegabili successi come Commissario generale dell'Africa occidentale e la stima che godeva nella popolazione, era per i colonialisti un personaggio scomodo (ma va?). Venne denigrato come “negrofilo” e il suo dossier contro gli orrori del colonialismo europeo insabbiato.
Perse la carica e ritornò privato cittadino. Ma senza di lui iniziò in Congo un periodo di sfruttamento intenso e abusi e stragi. Aumentarono al punto tale che, a furor di popolo, per calmare l’opinione pubblica venne richiamato nel 1903. Lui accettò pur sapendo bene che il governo e i funzionari in realtà lo odiavano.
Dopo la sua morte nel 1905 a soli 53 anni a Dakar in circostanze mai chiarite (infezione intestinale, malaria, avvelenamento?), le autorità francesi avrebbero voluto seppellirlo al Pantheòn ma sua moglie rifiutò l’ipocrita onore e Brazzà venne sepolto nella amata Africa.
La sua è stata ancora oggi l’unica convivenza pacifica tra europei ed africani. Chissà come sarebbe oggi questo tormentato continente se avesse proseguito nella sua strada.
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Il suo mausoleo in Congo |
Un uomo che vedeva lontano, che ha pagato in prima persona la sua coerenza. Sono fiero di lui come italiano, anche se in patria è praticamente dimenticato. Ma i neri africani, che a differenza di noi bianchi sanno distinguere e provare vera riconoscenza, gli hanno dedicato la capitale del Congo, Brazzaville. Nome che è rimasto durante tutti gli stravolgimenti, testimonianza di un rispetto vero per la sua persona.